Si tratta di un piacere spesso non dichiarato; la soddisfazione dell’insegnante quando il discepolo, di ogni ordine e grado, assorbe conoscenza. Meglio, se la gestisce e rielabora. Si comprende che la freccia scoccata è giunta a target. Un piacere silenzioso, contenuto.
“Ander a scuola serv a gnint”, dichiarava ogni tanto nonna Alma (se la ricostruzione del dialetto mi assiste). Era una esclamazione di sfida, con l’orgoglio della donna umile, cresciuta nelle campagne modenesi, nativa di Baggiovara, che contestava la stessa utilità di frequentarla. “A no vest di esen! Dimandi!”. Un modo per esaltare la propria scaltrezza, nonostante il mancato accesso ad istruzioni medie o superiori….
La guardavo con simpatia: ”ben detto nonna !”. E che si fottano quei “poeti laureati”! Questo no, lo tenevo per me, non avrebbe capito.
Se mi vedesse ora. Sto in quella fase della vita dove avverti l’opportunità di qualche bilancio. E pensi, da professore: ma sono riuscito a trasmettere idealità ? Sto formando qualche allievo di vaglia? Consapevole che un docente ha questo di dovere. Dirigere il faro della conoscenza verso lidi corretti. Insegnare, se permettete, l’amore trasparente e la curiosità dall’altro da noi stessi; senza interessi preconcetti. E provare un piacere vero, sobrio ma profondo, se quello studente emerge; se quella dottoranda ti segue e sopravanza.
A decenni di distanza, riconosci, ma in persone giovani, una specie di odio nei confronti del Magistero.
Diciamolo, ci sono sempre stati gli screanzati per natura, i beceri che si credono infallibili (indimenticabile per me una sciura che esclamava, dentro una funivia: “ma cosa serve ciapà una laurea al mio fiol?? Che mi resti a curar il negosi!”). Il fatto è che un tempo l’ignorante tendeva a camuffarsi. Poiché l’ignoranza era percepita come un tarlo non adeguatamente corretto. Non si brandiva con orgoglio la propria insipienza.
Ed anche in coloro che avessero conseguite licenza media o secondaria, persisteva un certo rispetto per i percorsi di laurea; per quanti si fossero sacrificati, lungo due lustri di percorsi formativi complessi.
Cosa è accaduto poi? Come si è sviluppata l’acrimonia per i cosiddetti baroni? La sfiducia sui titoli di studio? La sicumera saccente del “chi si è fatto da sé” (che, per carità, ne vada giustamente fiero, ma meglio se evita di cospargere la propria sicurezza con lo zucchero a velo della tracotanza).
Questa pandemia rimette le cose in fila? Sorgono comitati per dotti. Che possono deliberare in base ad analisi oggettive.
Anche se già si inalberano le trombe della sfiducia. Che gli esperti son manovrati; che i competenti aspirano a poteri non democratici. Che lo scientismo va messo sotto controllo.
Nonna Alma, risorgi e dimmi: la penseresti ancora a quel modo?
Però, grande responsabilità e fatica insegnare. La nonna Alma manderebbe a quel paese tutti questi improvvisati che in ordine sparso gestiscono la roulette del virus
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E’ vero. Sono anche bombardati, poareti, da un giornalismo molto polarizzato. Sono(siamo) destinati a fornire consulti costanti, talora decisamente in eccesso.
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